Uscito su "Fam" (Frenulo a mano) - rivista di letteratura
1.
Summa Villadiana ha l'aria
più fresca del mondo. Qui, quando è bel tempo, il cielo è più azzurro che in
altri posti. Di queste due banalità mi assumo tutta la responsabilità, tà-tà.
Ma questo tono di presunta scherzosità (basta con queste tà) mal si coniuga con
il tono che dovrebbe avere un morto. Sono morto, anzi, mi hanno fatto morire, e
invece di star zitto come si conviene, voglio dire tutta la verità su chi mi ha
ucciso e perché.
2.
Ho bisogno di molta forza.
Devo dimenticarmi di non essere in vita, se voglio raccontare e non
piagnucolare sulla mia assenza. Ci metto poco a farlo, in privato ho sempre
pianto molto su di me, scusatemi.
Avevo venticinque anni e
tutti -- parenti e conoscenti -- mi tormentavano. "Sei troppo normale, non
ti succede mai niente, non ci porti nessuna novità", dicevano. E come
incoraggiamento: "falla una volta una scoreggia colorata"
("fallo na' vota nù pirito violetto", nella loro lingua).
Lo feci, o così a me sembrò.
Mi spostai a Summa Villadiana e nonostante fossi poco attraente, feci innamorare
di me Idolina la bionda. Non fu per niente difficile, tanto che pensai:
"Che stupido a non
muovermi prima."
Era ben fatta Idolina, lo è
ancora oggi che ha trentasei anni. Appetibile, come si dice.
Mi sono chiesto spesso
perché quel giorno disse sì proprio a me, lei che aveva tutti giovani del paese
ai suoi piedi (o in teoria avrebbe potuto averli). Poi non c'è stato tempo di
trovare una risposta. Si sa, i problemi si presentano senza avvertire, un bel
giorno si apre il cielo e giù grandine, lampi e tuoni come Dio comanda. (Beh,
forse è esagerato, succede semplicemente che uno non si fa più certe domande.)
Veramente per me i problemi
cominciarono molto presto. Venivo da Sovigliano del Ponte (un paesotto vicino),
e non fui accolto molto bene dai parenti di Idolina. Questioni di cultura, le
solite domande: "Chi è questo? Da dove viene? Che mestiere fa? I suoi come
stanno a soldi? Ha la casa franca?" Il mio senso di inferiorità congenito
non ne uscì molto ritemprato.
Di Summa Villadiana mi sono
innamorato piano piano. Si trova in collina, non c'è mai nebbia. Io abituato
alla pianura, a uscire nelle mattine d'inverno con la testa circondata dalla
foschia, mi sono sentito rinascere. Più lucido. Forse (senza forse) anche per
la presenza vicino a me di Idolina. Mi ha amato lei, lo so.
Nel frattempo, con amore
appunto, abbiamo fatto due figli. (Piccolino mio, gioia mia, ti voglio tanto
bene, ma perché sei biondo come la mamma?) All'altro mio figlio, che è una
bambina, questo discorso gliel'ho fatto varie volte, ma adesso non più. Ormai è
grandicella e non vorrei che mi mettesse in imbarazzo dicendomi "papà,
quanto sei stupido". Comunque sono sani, sono belli, sono biondi, ci penso
un poco e sono contento lo stesso.
Ma per non ingenerare
equivoci devo dire che qualcosa di me ce l'hanno. Mia madre ha giurato che il
piccolo ha le mani, le stesse di quando avevo la sua età. L'altra ha il fisico
uguale al mio: ossa grandi, gambe lunghe, slanciata. Senza la mia testa
naturalmente.
3.
Da questo momento prenderò
ogni tanto le distanze da me stesso. Lo faccio per abituarmi al trapasso.
Ricordiamoci, sono morto.
Nero carbone ("niro
gravone") è il colore di una lineetta invisibile che lega tutte le parole
di questa storia da ora in poi. Siamo pronti? via.
Antonio (così mi chiamo, il
cognome non è importante) da qualche settimana quando aspettava Idolina a letto
di sera, perché lei aveva sempre qualcosa da fare in cucina e si attardava,
tutto pronto per assaltarla e sfilarle lentamente le mutandine (era una sua
abitudine) si sentiva mettere una mano sulla mano, "no, oggi no, mi fa
male la testa". Una volta era la testa, un'altra solo stanchezza, un'altra
ancora non mi ricordo che, se non la prendevo ogni tre o quattro sere mentre si
stava addormentando e le resistenze erano meno tenaci, sarei rimasto
all'asciutto. (Oddìo, questo non è proprio il linguaggio adeguato. Ma sono
morto, abbiate pietà.)
Turbata, non la vedeva. E
allora cos'era? O Idolina riusciva a nascondere così bene, con il solito
comportamento, qualcosa che doveva nascondere, oppure Antonio si stava fissando
su quei rifiuti notturni.
Non mi riusciva di pensare
ad altro. Ma come? La madre dei miei figli, che se anche non mi somigliano
molto sono pur sempre la luce dei miei occhi -- e di conseguenza lei una luce
ancora maggiore per me visto che li ha generati -- ebbene, mia moglie non mi
vuole più? Dottore, lei capisce?
Antonio non avendo a chi
esprimere queste ossessioni, si era inventato un interlocutore immaginario e lo
chiamava dottore. Passava molto tempo a dialogare con lui, sempre sul solito
tema, s'intende. Del resto a chi avrebbe potuto dire le cose che diceva al
dottore?
Ah, se fossi rimasto a
Sovigliano, almeno ora potrei parlare con Renato (un suo amico d'infanzia) ma
dove vado a trovarlo ora? Non lo vedo da più di quindici anni.
Antonio maledì Summa
Villadiana, i Summesi e tutti loro antenati. Guardava Idolina mentre parlava al
telefono e si chiedeva cosa sta pensando adesso? La fissava mentre mangiava, e
quella testa bionda così bella, quei capelli così folti color oro, avrebbe
voluto staccarli e prenderli con sé, preservarli da eventuali attacchi. Ma no,
è meglio non esagerare, avrebbe voluto solamente carezzarli e baciarli, ma
c'erano i bambini, "papà, stai diventando matto?"
(Non mi sono mai piaciuti
così tanto i capelli di mia moglie, non solo i capelli, ma i capelli più di
tutto.)
Quando, proprio una sera in
cui l'amore di Antonio per i capelli di Idolina era arrivato all'eccesso, a
letto mentre le leccava il collo e le baciava l'orecchio e contemporaneamente
stava sfilandole le mutandine, Idolina non fermò le mani di Antonio che
trafficavano tra le sue gambe ma portò le sue, tutte e due, al volto per
ripararsi (come era possibile?) da un pianto dirotto.
Rimasi con le mani bloccate
e le mutandine tra le dita a mezza coscia. "Ma cos'hai?", mi tradii
perché la voce era dura, ma non ce la feci a far finta di niente. Allora era
vero, qualcosa era successo! "Zeus" pensò Antonio, ma disse "cazzo",
una cosa è sospettare, un'altra scoprire che il sospetto è fondato,
ammettiamolo. Tra i singhiozzi Idolina gli disse che l'uomo con la giacca
bianca (così lo chiamavano in paese, il nome non è importante) l'aveva una
volta fatta fermare per strada e altre tre volte chiamata al telefono.
"E tu?", disse
Antonio.
"Io che? io
niente", rispose tra le lacrime Idolina.
In fondo gli andò bene,
avrebbe benissimo potuto rispondere, "io niente, ma tu sei uno
stronzo". Però non aveva mai usato queste parole e neanche questa volta le
usò.
Tirai un sospiro per darmi
un'aria e per pensare, accesi una sigaretta, feci tre o quattro tiri e non
sapevo che dire. Poi dissi "dai, in fondo non è successo niente,
aggiusteremo tutto". "Andiamocene da qui, subito, prendiamo i bambini
e scappiamo lontano", furono le parole di Idolina che appoggiò la testa
bionda sul petto di Antonio. Lui le passò la mano nei capelli che solo noi
sappiamo quanto amasse, e stette zitto. Dopo poco si spostò per spegnere la
sigaretta nel posacenere sul comodino, tirò l'interruttore a filo dell' abat-jour,
e rimasero così abbracciati nel buio.
Quella notte Antonio sognò.
Naturalmente non furono grandi sogni. (Sognai che piangevo in fondo ad una
valle, tra due alte file di montagne, e gridavo "noo, nooo,
noooo..."). In fondo era l'unico sogno stupido che potesse fare. E fu
proprio quello che fece.
4.
GiaccaBianca, seduto allo
chalet del ristorante “Rose Fucsia", nel verde, parlando a una schiera di
suoi servetti, aveva espresso con delicatezza il desiderio di conoscere una
certa signora bionda. In realtà:
"'nce sta na'
chiavatona bionda che aggio visto parecchie vvote, ma' facesse".
Siccome ogni suo desiderio
era un ordine, i servetti si misero alla ricerca della bella biondona, della
donna che aveva solleticato gli appetiti sessuali di giacca bianca -- una
specie di divertimento, un fuggire momentaneo dalla noia del paese, da una moglie
e tre figli.
Dottore, sapesse quanto mi
costa essere così obiettivo, io a quello stronzo ("stuppolo") gli
spaccherei subito la faccia. Vede, il solo pensiero che quell'essere così
squallido, tanto insignificante, abbia potuto mettere gli occhi o le mani o
qualsiasi altra cosa (col pensiero) su Idolina, mia moglie, mi fa mangiare il
fegato e anche quello che c'è intorno ("'a rezza d'o' fegato"). Ma
non posso continuare a mangiarmi il mio stesso fegato (e "a' rezza")
senza fare niente.
Come vorrei essere a
Sovigliano, a casa mia. Lì, è vero, mi chiamavano pesciolino di canna
("piscitiello 'e cannuccia") ma almeno non mi sentirei così solo come
adesso. E invece no, ho voluto essere libero, sono uscito fuori dal paese, e
adesso che faccio?
Il contrabbando, pensò
Antonio. Una cantilena tante volte sentita si stava facendo sempre più
insistente nella mente,
"Marlboro, Muratti,
Merit*, mitra, pistole, bombe a mano...".
Forsedda, il quartiere della città vicina dove tante volte era passato, e
sempre aveva sentito offerte di questo tipo. Un mitra? Ha detto un mitra?
Ebbene sì. Voglio comprare un mitra e togliere dalla circolazione quello
stonzo-stuppolo di giacca bianca. Cos'altro potrei fare? Andarmene come vuole
Idolina? Lasciare questo paese in mano a quelli come "giacca bianca"
che quando camminano si prendono mezza strada? Sì, perché oltre alla mole
grossa di faccia di corna (= GiaccaBianca), il fatto di camminare sempre
accerchiato dalla schiera dei servetti messi a raggio, data anche la piccolezza
del marciapiede, deve per forza di cose invadere la carreggiata occupandone la
metà. Dottore, lei mi capisce? Io non so più quello che dico. Né quello che
penso. Mi sento distrutto, proverò a dormire.
Dottoreeeeee, non ci riesco.
Se dormo mi verrà un'idea migliore?
(Antonio dormì, ma l'idea
migliore non venne.)
5.
Antonio purtroppo non era
riuscito a togliersi dalla mente che il solo modo per uscire da questa
situazione fosse eliminare GiaccaBianca.
Il mitra, già, era un'idea,
ma era solo un'idea. Come si fa ad avere un mitra? È una parola. "Farò in
modo che qualcuno me lo vada a comprare, ma chi?", questo era il punto.
"Scusi per favore mi può mandare un mitra a casa? E non si dimentichi le cartucce,
mi raccomando". Sicuramente in America una cosa del genere è possibile. Ma
qui da noi! Che schifo di paese, neanche un mitra a casa ti mandano. Un
semplice mitra per vendicarti di un torto subìto. "Dottore, non ragiono
più, vero?". Mi devo calmare.
Perché poi Antonio si fosse
fissato con il mitra, nessuno lo sa. Perché proprio il mitra e non un'altra
arma? Boh...
6.
Il mitra lo mandò a comprare
tramite Ciccillo 'o pazzo ("Franco il malato di mente"). Un
pover'uomo che non avendo né santi né madonne si era dato all'alcool e per
questo gli erano venute le visioni. Col tempo le visioni si erano trasformate
in deliri. Tutto il paese non aveva perso tempo: "è pazzo".
Lui però non aveva mai fatto
male a nessuno. Si limitava a camminare per le vie del paese avanti e indietro
instancabilmente, a volte ridendo forte, a volte parlando sottovoce tra sé.
(Con il senno di poi
possiamo dirvi che dopo aver comprato il mitra, come gli aveva detto Antonio, e
dopo aver saputo cosa era successo con il mitra che aveva comprato -- perché si
seppe in tutta la regione --, divenne pazzo veramente. Infatti due volte tentò
di uccidere un bambino, sempre lo stesso, e queste cose non le aveva mai fatte
prima.) Ma andiamo con ordine.
"Hai capito
bene?", disse Antonio a Ciccillo.
"Ho capito, per chi mi
hai preso".
Ciccillo aveva in tasca
cinquecento euro in contanti che gli aveva dato Antonio.
Quando tornò con un
pacchetto in una busta di plastica aveva l'aria seria, serena e soddisfatta.
Era come se tornasse da una missione all'estero e la missione fosse andata nel
migliore dei modi. Ciccillo aveva la faccia liscia e riposata. Antonio appena
lo vide, lo caricò in macchina e filò via. C'era ancora il sole perché era
estate, si fermò in una strada poco trafficata.
"Tutto a posto",
disse Ciccillo, "qua dentro sta il mitra e due caricatori pieni. Tutto è
costato quattrocentocinquanta euro".
Stette zitto.
"Ah, mi
dimenticavo", e cacciò dalla tasca un fazzolettino di carta nel quale
stava avvolto qualcosa, "quello che mi ha venduto l'arma mi ha detto che
questa è una pastiglia, te la devi sciogliere in bocca quando spari".
Antonio rese il fazzolettino
di carta con dentro la pastiglia e se lo mise in tasca.
"Tieniti il
resto", disse.
"Ma sei pazzo?",
disse Ciccillo, "non esiste proprio, ho fatto un favore a un amico e
basta".
E gli restituì gli euro.
Andarono a prendersi un
caffè nel bar della stazione.
7.
Manderò mia moglie in
vacanza con qualche giorno di anticipo.
Abbiamo una casetta al mare,
una cosa piccolina, adeguata alle nostre possibilità.
"Sì, forse hai ragione
tu. Andrò con i ragazzi al mare. Chiedo a mia madre se vuole
accompagnarmi".
Poi passandomi vicino,
"ma come farai? Verrai subito anche tu?". "Sì, verrò subito,
devo solo sistemare una faccenda e sarò da te". "Ti vedo calmo sai, è
pure per questo che me ne vado al mare tranquilla". So fingere che è una
meraviglia, quando voglio.
TestaBionda (la moglie)
faceva questi discorsi, e si era calmata non poco dopo che aveva risposto ad
una telefonata di GiaccaBianca in modo risoluto e deciso, "senta, si tolga
dalla testa certe cose. Io non ho nessuna intenzione di conoscerla, né di
parlare con lei mai più". E aveva chiuso il telefono. Quella sera era
stata lei a infilare le mani nelle mutande di Antonio.
Per me invece che ero stato
messo al corrente anche dell'ultima telefonata da Idolina-sempre-ligia, la
calma che mi si vedeva in faccia era solo apparente. Più le giornate passavano,
anzi, più le ore passavano, e più si rodeva dentro. Riusciva a nasconderlo
molto bene. Può un simile avvenimento ridurre un uomo, nonostante abbia qualche
insicurezza (ma chi non ne ha?) in questo modo? Sì.
Antonio era pieno di rabbia
fino alla punta dei capelli, non è una frase fatta. Ogni sua fibra era
arrabbiata. Se avesse in quel periodo, per un qualsiasi motivo dato un morso a
qualcuno, ebbene questo qualcuno sarebbe morto avvelenato. (Sinceramente è una
frase troppo stupida, ma tant'è, ormai mi è venuta.)
Il problema di Antonio era
che non parlava con nessuno dei suoi problemi. Solo col dottore che, come
sappiamo, non gli dava nessun consiglio. Si limitava ad ascoltarlo.
8.
Il mitra lo aveva nascosto
in una località pseudoturistica, in montagna, a duecento metri dal paese.
Dietro un cespuglio vicino alla pista di bocce ("e'palle"), dove nel
pomeriggio almeno trenta persone erano lì a giocare. Lo aveva messo in una
cassetta di legno e sotterrato per bene, e il posto lo aveva scelto perché
troppo appariscente e trafficato di giorno per destare sospetti. Di notte
invece, con tutta calma, avrebbe potuto riprenderlo.
Pensò che forse avrebbe
dovuto provarlo, prima di fare quello che si era messo in testa. Ma dove poteva
provare un simile aggeggio? In aperta campagna? E poi, c'era forse bisogno di
un silenziatore? Chi lo sapeva di cosa c'era bisogno. Sicuramente di un
manicomio, pensò per un momento. Ma non se ne fece nulla, e nelle sue orecchie
continuò a sentire un taratatà prolungato, come nei film, né più, né meno.
9.
Si mise la pastiglia in
bocca, lasciò passare un minuto, e salì le scale con il mitra avvolto nella
giacca. Fuori dalla porta buttò via la giacca, impugnò l'arma in qualche modo,
divaricò un poco le gambe, e così piazzato bussò deciso il campanello. Il gesto
produsse un placido DLIN-DLON. GiaccaBianca che si era appena tolto la giacca
beige (le portava anche di altri colori) dall'interno si avvicinò alla porta
con passo deciso. "Chi è" disse, e contemporaneamente spalancò i
battenti. Non ebbe il tempo né di ripararsi né di fare un qualsiasi altro
gesto. Una scarica di colpi lo gettò letteralmente a terra in un lago di
sangue. Subito si sentirono grida nella casa. Antonio non aveva ancora perso la
calma quando una figura di donna, in pigiama, con i capelli scarmigliati e il
volto terrorizzato, apparve da una porta laterale. Premette di nuovo il
grilletto. La scarica di colpi freddò la donna che cadde distesa a metà del
corridoio. (Iniziai a tremare. Invece di tornare indietro, avanzai nella casa).
Con gli occhi lucidi spalancò una porta solo accostata e senza nemmeno
guardare, dette una sventagliata di mitra sui due letti al centro della stanza.
Si accorse però che erano vuoti. Sentì dei passi e si voltò di scatto. Erano
due ragazzi grandi che cercavano di scappare attraverso il corridoio. Li colpì
alle spalle mentre stavano raggiungendo la porta. (Ormai ero in un bagno di
sudore e il tremore per tutto il corpo era incontenibile.)
L'ultima stanza, ancora con
la porta chiusa, la aprì con il piede. Accese la luce abbassando la punta
dell'arma e vide una figura che poteva essere un bambino, in piedi, dritto
accanto al muro. Lo sguardo del piccolo gli sembrava terrorizzato. Nel tremore
confuso premette il grilletto e partì una scarica che non finiva mai. La
sventagliata bucò la carta da parato color verde tenero insieme alla fronte e
agli occhi del bambino, che era un poster.
10.
(Ora la gravità della
situazione impone la serietà. Non posso umanamente scrivere le ultime righe,
non ce la faccio. La situazione mi disgusta e mi terrorizza, nonostante sia
stato io ad averla subìta.
Lo stralcio è preso da una
ricostruzione fatta da terzi, una specie di verbale stranamente scritto molto
bene. Un saluto.)
Una mattina, ma presto che
ancora nel cielo non era spuntato il sole, Antonio sentì qualcosa di freddo e
liscio appoggiarsi alla sua gola. Per un momento sperò di sognare.
Quando il secondino qualche
ora dopo bussò per il latte, si accorse che il pover'uomo aveva la gola
tagliata fino alla giugulare. Gli occhi erano debitamente chiusi per l'eterno
riposo.
* * *
*: Marche di sigarette, alcune ancora in
commercio, che allora erano veri e propri cavalli di battaglia del
contrabbando. Tale fenomeno, poi, è scomparso.
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