Le notizie sulla scuola non sono
confortanti. Da qualsiasi parte le si voglia prendere e anche volendoci fare un
po' di ironia che, come accade spesso, non guasta, si resta comunque
insoddisfatti. Alla fine rimane qualcosa di indefinito, di parziale e di poco
consistente che aleggia nell'aria: è come se nella scuola reale - quella di
tutti i giorni - gli sforzi, il lavoro cosciente, la dedizione e la serietà
della maggior parte degli operatori, sia e rimanga qualcosa di impalpabile e di
poco incisivo. La sostanza ci sta, la si percepisce, è forte, ed è la cosa che
mantiene in vita l'istituzione scuola, ma è come se fosse traballante. È come
se si lavorasse su di una zattera e questa zattera stesse andando alla deriva
in mare aperto: puoi metterci tutta l'anima e la mente che vuoi, ma ti sorge il
dubbio che tutto quello che stai facendo non servirà a nulla. Senza meta si
andrà a sbattere. Tirando per i capelli l'ultimo briciolo di fiducia e di
ottimismo della volontà, si spera di no, ma le premesse ci sono tutte.
La realtà che si ha sotto gli occhi
è stupidamente nitida e dice che mentre, come si è detto, una maggioranza di
operatori scolastici ce la mette tutta, altri remano coscientemente contro,
infangando il lavoro serio fatto da tutti gli altri. L'esempio ultimo è legato
alla famosa faccenda delle pillole di sapere. Un imbroglio costato a noi
contribuenti circa 750mila euro qualche anno fa, e che ritorna alla ribalta perché
la stessa società, i suoi responsabili, come se niente fosse, stavano cercando
di fare lo stesso giochetto attraverso un progetto chiamato 'scuola digitale',
questa volta ai dannidella regione Sardegna. Stavano cioè tentando di imporre e
far comprare, stando alle parole del professor Silvano Tagliagambe che ha fatto
uscire allo scoperto la faccenda, prodotti multimediali e didattici presenti
sul mercato, facendo fuori praticamente tutti coloro i quali avevano lavorato
all'elaborazione del progetto iniziale che prevedeva tutt'altro. Insomma, siamo
alle solite. Sembra che per la faccenda qualcuno sia finito in galera, ma i
mandanti? Chi sceglie tali personaggi sapendo i loro precedenti? E dove dorme,
su quali beati cuscini poggia la testa? E soprattutto, i responsabili
ministeriali perché non controllano quel tanto che basta a metterli fuori
gioco? Non si può...non è compito del ministero...sono iper-raccomandati... è
così che devono andar le cose: qualcuno ci faccia sapere.
Intanto a Palermo la ‘Fondazione
Giovanni e Francesca Falcone’ ha raggiunto la cifra delle 900 scuole
partecipanti ai progetti di educazione alla legalità. La Fondazione nata alla
fine del 1992 per volontà di poche persone, vide nei primi tempi l'adesione ai
percorsi proposti di un numero esiguo di scuole; negli anni poi si è andata man
mano consolidando una coscienza civile sempre più forte, attraverso anche la
conoscenza più approfondita della figura di Giovanni Falcone. La frase di
Falcone: «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni
morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini» sta un
po' a sintetizzare tutto il percorso della fondazione. Novecento scuole che
partecipano, che conoscono e che tentano di far propria una tale cultura, non è
un dato da sottovalutare. In una nazione sempre alla ricerca di fattori
positivi, finalmente ce n'è uno da cui partire con una dose di fiducia in più.
Però, una riflessione sorge spontanea: non solo per loro, ma anche per tutti
quelli impegnati in azioni come quelle promosse dalla Fondazione Falcone, non
si dovrebbe permettere a nessuno di frodare la scuola come hanno fatto i
personaggi sopra citati.
Ultima
chicca di provenienza Invalsi (ultima in ordine di tempo). Sono state rimandate
indietro le prove ad alcuni istituti lombardi e trentini perché ritenute, dal
sistema Invalsi, non idonee, cioè falsificate. In pratica le prove erano troppo
perfette per essere vere, e allora con potenti e opportuni calcoli statistici,
si è deciso che quelle scuole hanno imbrogliato, hanno copiato le prove. Ora,
si è sempre detto che bisogna saper copiare, ma evidentemente bisogna
soprattutto saper prevedere le reazioni degli altri: un paio di errori a scheda
danno più credibilità, così da non disturbare il manovratore e fargli
continuare a credere quello che vuole. A Napoli si dice 'far fessi e contenti'.
Visto che così vuole... l'Invalsi.
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