I numeri non si possono
nascondere. Se l'organico degli insegnanti è bloccato nonostante ci siano
21mila alunni in più, l'affollamento delle aule, cioè il numero alto di alunni
per classe, resta identico. In sintesi, ci sono ancora le classi-pollaio. Non sono
aumentate le classi perché ci sarebbe stato bisogno di altri insegnanti, ma non
si è intervenuti neanche sull'edilizia scolastica; così, tra risoluzioni
approvate in parlamento e class-action vinte dal Codacons proprio contro le
classi pollaio, tutto rimane immutato. Dicendolo sembra di scoprire l'acqua
calda visto che non è una novità: infatti tutto resta fermo e uguale in tanti
altri settori dove si cambiano sigle e nomi ma nella sostanza tutto è come
prima (anzi, più di prima).
Per ritornare alla scuola
e nello specifico alle cosiddette classi-pollaio, applicando lo stesso
ragionamento usato in questi giorni per le carceri, speriamo che a qualcuno non
venga in mente di proporre un 'indulto scolastico'. La chiusura per tre anni,
mettiamo, di una parte delle scuole italiane, magari le meno pregiate che, a
detta di tutti, sarebbero gli istituti professionali: praticamente le scuole
frequentate dagli alunni migliori secondo Don Milani e Pasolini, ma questo non
è importante e poi i due nomi attualmente non sono di moda ...
Il problema è che
seguendo la stessa logica, dopo tre anni (o poco più), il sovraffollamento si
ripresenterebbe tale e quale.
Impressiona la facilità
con cui si può sviluppare un ragionamento su scuola e carcere, seppure sul filo
dell'ironia, e scoprire una quantità enorme di analogie compatibili e
congruenti. Ma, del resto, appena qualche decennio fa queste cose le aveva
scoperte, studiate e dette molto bene un certo Michel Foucault. A cui forse
bisognerebbe tornare, se non altro, come antidoto alle larghe intese.
L'abbiamo scampata per
un pelo. Bere più birra per finanziare la scuola: poteva essere la
sintesi di un provvedimento che però non è passato. La commissione finanza, che
doveva esprimere un suo parere sull'argomento proposto dal governo, ha detto di
no. Aumentare l'accisa su un prodotto di consumo come la birra sarebbe servito
a finanziare gli investimenti nel settore scolastico. Tra i tagli alla spesa
pubblica per reperire le risorse e le coperture finanziarie che servono per mandare
avanti il sistema, è una guerra combattuta a suon di intrecci e relazioni
pericolose e a farne le spese sono sempre i soliti. L'associazione di categoria
ha lanciato però la campagna: 'Salva la tua Birra', anche e soprattutto
per far sapere che pur ritenendo importante il settore cultura e scuola, è allo
stesso modo rilevante informare i cittadini che sulla birra già gravano tasse
nella misura di ben 37 centesimi su ogni euro. In pratica, hanno detto, un
sorso su tre va allo Stato, e con questa nuova idea si sarebbe arrivati ad un
sorso su due. Un po' troppo, anche per chi distribuisce piaceri al gusto, non
dimenticando le campagne contro l'alcool che la scuola sostiene e che
contrastano (per avere più soldi bisognerebbe bere di più...) con le intenzioni
generali del governo.
Un'ultima
notazione ma doverosa. Sulla valutazione la ministra Carrozza ha finalmente
espresso un'idea che conforta gran parte del mondo della scuola. In pratica ha
detto che non è corretto attribuire a un'Agenzia di valutazione il compito di
definire gli obiettivi che essa stessa deve valutare. Finalmente un poco di
chiarezza. Nel caso della scuola, quindi, l'Invalsi con le sue classifiche di
buoni e cattivi fatte su modelli e obiettivi mai enunciati, si trova sulla
strada sbagliata. E allora che si fa? Si dovrebbe azzerare tutto, ma sappiamo
tutti che realisticamente non sarà così. Almeno, però, la ministra ha istillato
il dubbio che prove, questionari e libretti calati dall'alto non servono
granché, anzi non servono a niente. Vedremo in seguito se le larghe intese
possano produrre qualche novità positiva in questo settore.
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