Recensione in 500 parole
di Francesco Di Lorenzo
IL BENE CHE VIENE DAI MORTI, di Giovanni Mariotti, et al./edizioni, Milano, 2011.
di Francesco Di Lorenzo
IL BENE CHE VIENE DAI MORTI, di Giovanni Mariotti, et al./edizioni, Milano, 2011.
È la storia di due ragazzi timidi e tristi che per qualche
tempo hanno viaggiato insieme, tutte le sere, seduti accanto nell’autobus che
li riportava a casa dalla città. Li riportava al paese di provincia dove
vivevano poveri e insicuri. Lui tornava dalla scuola, lei dal lavoro di
operaia. In quei viaggi serali seduti vicini perché lei gli conservava il
posto, si scambiavano solo sguardi, forse neanche quelli, e
pochissime parole.
Poi
tutto questo finisce. Un giorno lui va via, si trasferisce nella grande città.
Lei dopo un po’ si perde nei meandri della vita. Ogni tanto, il ragazzo
ormai a Milano, pensa alla scortesia che ha fatto alla sua compagna di
viaggio, non l’ha neanche salutata, è sparito nel nulla all’improvviso. Da sua
madre, quando si sentono, viene a sapere che Bruna, così si chiama la
ragazza, è stata molto male. Dopo qualche tempo però si è ripresa, ora la
raccontano diversa, sfacciata, di certo non fa più l’operaia, ha comprato
la cinquecento, porta la minigonna, si dice in giro che ‘fa la vita’.
Dopo qualche tempo, una sera, lei muore in un incidente d’auto.
Stava insieme ad un suo cliente e nel momento del trapasso, un
attimo prima, forse un attimo dopo, dalla Versilia vola fino a Milano,
nella camera ammobiliata dove vive il compagno di viaggio sparito. Lui scorge
la sua presenza, la sente, la vede, le dà anche un bacio a cui lei
risponde. Poi entra in un incubo e nel delirio finalmente capisce che lei lo
aveva amato in silenzio, ed è venuta fin lì per salutarlo. È più educata,
prima di partire per sempre ha pensato a lui, perché alla persona che si ama,
prima di una partenza, si pensa, si va salutarla, si fa
un regalo. Il regalo per lui è la vincita di un sacco di soldi alle corse di
cavalli. È lei che lo guida a scommettere, lui che non lo aveva mai
fatto e mai più lo farà. È Il bene che viene dai morti, che si
sostanzia in un gesto, in un pensiero, in un dono.
I romanzi di Mariotti, questo come gli altri, si collocano
‘oltre la barriera del naturalismo’, per riprendere un concetto del
critico Renato Barilli che andava di moda un cinquantina di anni fa
e che ora viene solo ripreso per dare un’idea, collocare un senso, segnare un
paletto. È un romanzo incompleto, quindi, un percorso di vita – o di due
vite – portato avanti per flash, giocando più sul non detto che sul detto,
illuminando angoli e spigoli, più che rettilinei o percorsi consistenti. Un
romanzo in cui, per riprendere le parole del suo autore, la parti fantastiche
alla fine sono quelle più attendibili e fedeli, fedeli ad una biografia fatta
di sottrazioni: una vita, quella del protagonista, più o meno anarchica o
forse anche Taoista, un Taoismo più che cercato, vissuto, e
finanche subìto.
Con i soldi che lei gli ha fatto vincere alle corse di cavalli,
lui comprerà il suo primo pullover di cachemire. È di colore nero, e lo
indosserà per parecchi inverni, fino all’estrema consumazione della
fibra. E il caldo che quel pullover gli regalerà per tanto tempo, si
sente, viene direttamente da Bruna, dal suo corpo che ormai non c’è
più.
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