recensione
I versi di Natalia Bondarenko si collocano con grande naturalezza e
senza nessuna forzatura in una linea poetica ben precisa. La poetessa, partendo
da strutture che affondano le radici nella lingua russa, riesce ad esprimere
direttamente in italiano versi di grande qualità, di solido spessore e di
estrema vitalità.
Non c'è timore ad ammettere che la sua poesia arriva a collegarsi, in una linea ideale di continuità, con
tutto quel versante del novecento che fa capo ad una idea poetica di
innovazione e di sperimentazione, sfiorando in alcuni punti, tangenzialmente,
l'avanguardia italiana. L'antilirismo,
la semplicità apparente del verso vengono da lì, non ci sono dubbi. La sapiente
costruzione di strutture sintattiche lineari, moderne e leggere, portano come
complemento la profondità del senso. E, come è stato già giustamente rilevato,
la felicità della composizione nelle poesie di Natalia Bondarenko non segue il
normale e semplice percorso in divenire. Tra la prima e l'ultima delle sue
poesie ci può essere un affinamento strutturale, ma il senso e la profondità
del suo vissuto sono presenti allo stesso modo, sono parte integrante del testo
e colpiscono il lettore.
Tanto per fare chiarezza, la linea a cui lei fa riferimento, in un gioco
di rimandi e di citazioni, è quella che parte da Marino Moretti, il quale, all'inizio dello secolo scorso,
inaugurava la poesia del quotidiano, delle piccole cose, dell'essenziale e del
personale. Continua con Eugenio Montale
che ha, di fatto, avviato la possibilità di dare spazio alle parole poco usate
in poesia, e dopo, con tali parole, alle confessioni sentimentali, alla
elargizione di pensieri intimi e
personali.
Si consolida con Edoardo Sanguineti,
che ha mischiato i generi e il linguaggio, le pause e il ritmo, ed è approdato
alla sua idea di poesia che ha grandi affinità con la musica
contemporanea. (Per cercare di decifrare
un senso, sappiamo che Sanguineti ha dedicato tutte le poesie all'unica donna
della sua vita, la moglie).
Il suggello a questa linea ideale lo possiamo dare con un frammento di
critica in versi:
La poesia non è poesia,
se ha troppa poesia
Ci vuole la parola assurda,
presa dalla
strada, fuori moda
Per diventare poesia
Oppure deve usare una
parola alla moda,
la poesia,
ma per sbeffeggiarla,
non certo per incensarla...
Ecco. Tutto questo, ma anche qualcosa di più, si trova in modo quanto mai naturale nei versi di N.B. Quando lei gioca in modo feroce con l'immagine
sbagliata di un uomo (è divertente/farti
una carezza sulla spalla/ e scoprire/di aver sbagliato persona.);
quando la grandezza dell'autoironia diventa un modo per scaricare le
tensioni (sai/pensare a te/è un lavoro
usurante);
oppure, quando la forza prende il posto della presunta debolezza
femminile (ti metterò un cuscino/sulla
riva del fiume/per alleggerirti/la scomoda attesa di vedermi/passare cadavere).
Queste minime uscite esemplificative, valgono per rinforzarci nell'idea
della bontà della sua proposta poetica.
Per Bondarenko, come forse
per tutti i poeti, credo valga il pensiero che un altro poeta, Enzo Spaltro, ha dedicato a coloro che
scrivono versi. Egli ha detto che chi scrive poesia lo fa perché crede, in
fondo, di essere ‘onnipotente’. In
senso razionale onnipotente è colui che tutto può. Un’ingenuità, è vero, che diventa, però, come
nei versi di Natalia Bondarenko, autenticità. La stessa che lei declina in modo
deciso: esprimersi in versi senza nessuna condizione ed in piena libertà. La
‘potenza’ delle parole …che può tutto.
Un'ultima annotazione. Ed è
sul titolo che ha scelto per la sua prima raccolta. Raramente si vedono in giro
titoli di libri così indovinati e corrispondenti al contenuto interno dei
testi. Il titolo è sintetico, semplice e complesso nello stesso tempo: esprime,
cioè, il meglio delle caratteristiche della nostra epoca. Lei è riuscita anche
in questo: Profanerie private. L'invenzione della parola che fa parte del
baule a doppio fondo del poeta, il quale, si sa, - si crede - onnipotente.
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