1.
Se la strada che porta all’inferno è lastricata di
buone intenzioni, allora ci siamo dentro.
Da parte del ministro Profumo e del Miur, sembra che
solo queste ci siano [le buone intenzioni s’intende], ma di certo
non bastano. Di atti concreti, veramente strutturali, se ne sono visti pochi.
L’ultima direttiva emanata appena qualche giorno fa, ne è la prova. Il richiamo
all’innovazione tecnologica, allo sviluppo dell’alfabetizzazione informatica,
alla diffusione dei servizi telematici, sono presentati come
essenziali e prioritari. Poi, per quanto riguarda una serie di obiettivi
fondamentali, c’è un elenco che somiglia più a un calderone, che ha
il sapore di tutto e quindi di niente. Si va dalla promozione
dell’edilizia scolastica, al potenziamento dell’istruzione tecnica e
professionale, al sistema di valutazione nazionale, al reclutamento degli
insegnanti e finanche all’educazione alla cittadinanza e alla legalità.
Insomma, ritorna la tradizione. Solo che si tratta di una tradizione che
sarebbe meglio dimenticare. [A pensarci, questi obiettivi sembrano le liste di
‘intenzioni’ che l’ultimo governo Berlusconi preparava per l’Europa, ben
sapendo che mai avrebbe potuto metterle in atto, ricordate?]. Anche perché,
alla fine del documento firmato dal ministro Profumo, c’è il solito refrain,
sintetizzabile nella formula: non bisogna dimenticare il contenimento e
la razionalizzazione della spesa del sistema scolastico. Il che vuol dire,
ancora e sempre, fare le nozze coi fichi secchi. Che una volta, si dice,
avevano sapore. Oggi meno.
2.
Intanto, il 4 aprile scorso, con 43 voti a favore, 24
contrari e un astenuto, il consiglio regionale della Lombardia ha approvato la
sperimentazione per reclutare il personale docente attraverso concorsi
emanati dai singoli istituti. Entra, seppure in forma sperimentale,
una concezione totalmente nuova di reclutamento degli insegnanti. Ma,
entra in modo subdolo, senza un’esplicitazione forte e chiara, senza una
discussione precisa. È solo la linea, l’idea, del precedente governo, ma
neanche di tutto. Insomma, siamo alla solita storiella italiana, fatta dalla
poca chiarezza e dall’assoluta mancanza di coerenza.
3.
I precari della scuola denunciano che
la situazione peggiora sempre di più.
Secondo il loro ‘coordinamento nazionale’ questo
ministro sta continuando sulla linea del precedente, anzi la sta accentuando.
In tutte le misure prese, dai concorsi annunciati, alla chiamata diretta
degli insegnanti in Lombardia, non c’è nessuna attenzione verso chi lavora
nella scuola da anni e non vede mai riconosciuto il proprio diritto alla
stabilità. Si sono appellati anche a Napolitano. Pensavano ingenuamente di
averla scampata con la Gelmini, ma Profumo, da tecnico, fa le stesse
cose. Il fatto penoso è che non c’è nessuna opposizione: nessuno denuncia cosa
sta accadendo nella scuola italiana, su questo punto come su altri. [Ma il
dramma, a pensarci bene, è che l’opposizione non c’era neanche prima].
Come corollario finale ci sono i dati della
dispersione scolastica a Napoli. Dati relativi alla scuola media (scuola
obbligatoria). Si parte dal 3,33 % nel 2004, per arrivare 4 anni dopo al
4,56%, con punte del 7% in alcune zone e del 14% in alcuni quartieri. Come dire
che mentre i lombardi se ne fregano e fanno di testa loro e i
partiti della sinistra litigano sui massimi sistemi e sulle alchimie dei cicli
da allungare o da restringere, il governo attuale amministra l’inesistente: la
scuola che perde pezzi, gli alunni, la parte più importante.