Tutto da rifare

(da Fuoriregistro)

1. Dopo aver protestato, i genitori francesi l’hanno spuntata: niente compiti a casa. I compiti, i loro figli, li facciano a scuola. Già sono troppo impegnati a far quadrare altro, figuriamoci se hanno ancora voglia di stare lì a spiegare e a controllare.
Naturalmente non è sempre così, o almeno non è così semplice. Ma parliamo di noi. Se si  riduce il tempo scuola, come è stato fatto nella scuola italiana,  non è che ti resti anche  il tempo per studiare il programma all’interno delle mura  scolastiche. In effetti, da noi è successo proprio questo: riduzione di orario con l’implicita intesa di completare l’ istruzione a casa. E lo spiega il prof Vertecchi dell’Università di Roma 3. Il quale continua dicendo che in Francia già i programmi scolastici sono stati predisposti in modo da consentire lo studio solo in classe.
Quindi, in Italia è tutto da rifare. Al massimo ci può stare solo un appello a non darne troppi. Ma questo attiene alla coscienza e all’incoscienza di chi deve darli e di chi deve farli (i compiti).

2. Se non c’è musica, non c’è ritmo e non c’è sviluppo. Come dire, ‘ci vuole orecchio’… ma quello  musicale. Lo ha detto l’ex ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer. È un suo vecchio pallino, una sua idea fissa, quella di portare la musica nelle scuole. Di aumentare le ore dove già si studia,  di avviarla dove manca, ma soprattutto di far entrare la musica nelle scuole come pratica e non come teoria. Lui presiede il ‘comitato nazionale per l’apprendimento pratico delle musica’, e quindi se ne intende. La sua battaglia è decennale, iniziò non appena smise i panni di ministro. Allora,  scrisse un articolo per ricordare al  ministro in carica, il suo successore ed amico Tullio De Mauro, ‘di non dimenticare’ di inserire la musica nei programmi che si stavano redigendo.
Ma il suo discorso va oltre. Lui si batte perché alla musica si riconosca una dignità formativa pari alle altre materie. Saper suonare bene ed  eseguire un brano musicale è importante, richiede metodo e applicazione, aumenta le conoscenze, sviluppa la sensibilità estetica e culturale. E fa l’esempio della Germania. Lì, dice l’ex ministro, la musica ha un alto valore e significato, e metà della popolazione suona uno strumento musicale. Questo incide sul fatto che sono la prima potenza economica d’Europa? Ognuno, applicando gli opportuni calcoletti (mentali), si dia una risposta.

3. Si parla in questi ultimi giorni, ed è sicuramente un bene, di scuola e carcere. Forse sull’onda del bel film dei fratelli Taviani, in cui però è il teatro ad entrare negli istituti di pena (con il cinema che lo documenta). Intanto sappiamo dalle informazioni che nell’ultimo anno scolastico sono stati 18mila i detenuti-studenti e che il percorso di reinserimento e di riabilitazione attraverso la scuola in alcuni casi è stato eccezionale. La distribuzione della frequenza parte dall’alfabetizzazione e, attraversando tutti i segmenti scolastici, arriva all’Università. Nel 2011 alle facoltà universitarie erano iscritti 370 detenuti.
Ed è nato proprio qualche giorno fa il ‘coordinamento nazionale delle scuole in carcere’, allo scopo di far presente che a fronte dei successi e dei numeri,  nonché delle belle intenzioni, in moltissimi casi si segnalano le estreme difficoltà che docenti e detenuti sono costretti a subire. Insomma, non son tutte rose e fiori. E le spine, più che subite, vanno quantomeno segnalate.

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