racconto FAMIGLIA


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 Zia

    Lei ha trentatre anni. Più che una signora è un levriero. Bella. Modi educati da ragazza cresciuta dalle suore. Sembra timida, ma non lo è. La sua delicata passione per l’arte, il suo essere leggiadro e di condurre la sua stessa esistenza, all’improvviso è stato sconvolto. Prima le è morto il padre. Passa un anno e le muore anche il fratello maggiore. E che cazzo! In quel periodo, nonostante nei modi di sempre (e cioè: tutti i giorni lei continuasse ad apparire la semplice ragazza di sempre, se volete, anche timorata di Dio, come si addice ad una che ha frequentato le scuole al collegio dalle suore), ebbe uno sconvolgimento, una pulsazione: si scatenò sessualmente in modo irrefrenabile. Passava da un letto ad un altro; ne voleva sempre di più di uomini, e sempre di più grossi. Insomma, si lasciò andare. E vorrei vedere qualcuna di voi nella sua condizioni.
    Ormai mantiene tutta la famiglia. E quelle spalle che sembrano esili e che hanno conosciuto ben altro – le fanno dire con estrema sicurezza che lei per arrivare a superare la crisi ha tenuto distinti i piani: quello personale del dolore e della sofferenza e quello pubblico, della vita che doveva comunque andare avanti. (E come si fa darle torto?)
    Lei ha studiato nei migliori collegi privati, ma l’università ha scelto di farla a New York. Non le piaceva come si studiava a Milano.
    “La vita americana mi piaceva, a Milano corrono tutti e non sanno dove vanno, sono stressati. Perfino a New York sanno staccare la spina, se vogliono, ma sembra che qui non si possa fare. Chissà perché? Lì ha imparato che la passione per l’arte va coniugata con la sua amministrazione. Bisogna equilibrare le cose e quando ci sono rami secchi da tagliare – bisogna farlo. Con delicatezza, ma con decisione.”  

Va a capire che cosa significa.


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