Nairobi



Nairobi è una delle città più violente del pianeta. Baraccopoli di Huruma: la polizia non ci entra mai se non per riscuotere mazzette, comprare o vendere droga.
L’aids è un destino di massa, la prostituzione, lo stupro, l’incesto sono la norma, il quotidiano. Come pure l’avvelenamento che si procurano i bambini, con la faccia nei sacchetti di colla e trementina.
Distillerie di Kumi per soddisfare la voglia di alcool. Il KUMI, un brodo che non sai cos’è. Se ti va bene è distillato di canna, o al contrario, può essere benissimo kerosene da aereo e decine ci rimettono la vista o la vita.
Le autorità le chiamano INFORMAL SETTLEMENTS (agglomerati spontanei): almeno 4 milioni di persone vivono nell’1,5% della superficie residenziale.
Tutto ciò è funzionale al sistema perché offre un bacino inesauribile di manodopera ricattata e tenuta sotto il livello di povertà: il povero sfrutta il più povero, e per farlo non si pone limiti.
Il suolo su cui sorgono gli slums è del governo. Che lo rivende a della compagnie private.
Queste costruiscono baracche di latta, senza acqua, senza luce e senza fogne. A piazzarle ci pensano agenti del Comune che riscuotono anche l’affitto, 15 Euro.
Il conflitto è sulla terra, ed è un gioco pericoloso. Non cambia l’abitudine dei politici a mestare negli slums a caccia di consensi e a reclutarvi milizie, complice anche la miscela etnica. In città ci sono 20 agenzie internazionali e centinaia di ong. 

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