(È la biografia, finalmente
tradotta in italiano, della poetessa Wislawa Szymborska.)
Al di là del rischio,
che pure c’è, di cadere dritti nella retorica, bisogna dire che questo libro è
‘una lezione di vita’. Una vera ‘lezione di stile’ che parte dalla vita –
dalle scelte, dal quotidiano – e si innerva nella sua poesia senza soluzione di
continuità.
Per la poetessa,
confidarsi in pubblico è come perdere l’anima. Qualsiasi discorso una volta
portato al giudizio degli altri, si banalizza, perde consistenza, rivela meno
di quelle che sono le intenzioni, a volte anche di più, ma mai l’assoluta
verità.
Lei amava dire che parlare
di sé era come svendersi, e rimandava la sua conoscenza a quello che aveva
saputo riversare nelle sue poesie. Con parsimonia. Pensiamo solo che il ritmo
delle sue poesie è stato di sei componimenti all’anno, tralasciando che
dopo il Nobel del ’96 per tre anni non scrisse nessuna poesia.
Comunque, il vero motore
della sua vita è stato il suo delicatissimo e profondo senso dell’umorismo. Non
a caso ha più volte dichiarato la sua ammirazione (ricambiata) per Woody Allen.
E il suo senso dell’umorismo, insieme all’ironia e all’autoironia, le hanno
permesso di scrivere, ancora nel 1962, questo epitaffio per la sua morte:
Qui giace come virgola
antiquata
l’autrice di qualche
poesia. La terra l’ha degnata
dell’eterno riposo, sebbene
la defunta
dai gruppi letterari stesse
ben distante.
E anche sulla tomba di
meglio non c’è niente
di queste poche rime, di un
gufo e la bardana.
Per tutta la vita con
i suoi amici ha continuato ad inventare Limerik, di cui era una vera
appassionata, e poi altri giochi di parole, tutto con la grazia di una
estrema leggerezza che si potrebbe definire ‘calviniana’ e che le ha permesso,
a proposito di nuvole, di scrivere versi come questi:
Dovrei essere molto veloce
nel descrivere le nuvole –
già dopo una frazione di secondo
non sono più quelle, stanno
diventando altre.
E così, nonostante gli
errori fatti nella prima parte della sua vita, errori di valutazione dovuti al
regime oppressivo che viveva nel suo Paese, la sua estrema onestà, sensibilità,
ricchezza e nobiltà di sentimenti, non hanno permesso a nessuno di
scalfire di un centimetro la sua personalità.
Ma chi ha saputo
sintetizzare in modo mirabile il complesso della sua figura, con parole
che vanno meditate una per una, è stato Karl Dedecius:
“Nelle poesie della
Szymborska non troviamo gorghi tumultuosi in perenne mormorio, ammiccanti
profondità sospette, pericolosi ondeggiamenti. In lontananza la sua isola
appare misteriosa, ma conosciuta da vicino porta gioia e felicità. È
un’isola ricca di fauna e di flora, incontaminata, tanto nella sfera materiale
quanto in quella del linguaggio e nell’atmosfera. Un biotopo spirituale
favorevole alla nostra salute. La Szymborska ci presenta uno specchio limpido,
e non è uno dei tanti specchi deformanti oggi di moda”.
Come non di moda era la sua
idea di non saper (o voler) definire cosa fosse la poesia. Pensando al
fatto che l’Italia è il paese in cui la poetessa ha il maggior numero di
estimatori, e ricordando la sua ironia, avrebbe di certo notato questa
contraddizione e accolto con un sorriso la schiera di mezzi poeti che
pontificano spiegando cos’è la poesia dalle prefazioni di libretti di versi
autoprodotti, e si sarebbe domandata ma come avranno fatto a capirlo?
Meglio allora, concludere
con due versi presi da uno dei suoi ultimi libri:
Qui sulla terra c’è
abbondanza di tutto.
Qui si producono sedie e
afflizioni.
Meditare un po’ sul
suo silenzio non sarebbe male.
…Questa è l’ultima poesia
che ha inviato ad una rivista, nel gennaio del 2012, si intitola, A una mia
poesia. (La Szymborska ‘è morta il primo febbraio 2012, a casa sua, nel
sonno’).
Nel migliore dei casi,
poesia, sarai letta
attentamente,
commentata e ricordata.
Nel peggiore
sarai soltanto letta.
Terza eventualità:
sarai sì scritta,
ma subito buttata nel
cestino.
Potrai approfittare di una
quarta soluzione:
scomparirai non scritta,
borbottando qualcosa
soddisfatta.
Anna Bikont,
Joanna Szczesna, Cianfrusaglie del passato – La vita di W. Szymborska,
Adelphi, 2015.
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