Il dottor Zivago e Lara
Di notte, quando non posso dormire, chiudo gli occhi e
ritorno in quella casa sugli Urali. Sento il freddo della nostra stanzetta, il
sibilo del vento gelido sulle finestre, lo scricchiolare delle betulle sotto il
peso della neve, l’ululare in lontananza dei lupi, e poi il calore del suo
corpo che si stringe forte a me. Resto così per un po’ in quell’isola che non
c’è. Poi, piano piano, mi addormento.
Quando mi sveglio sono un vecchio. Ho i capelli bianchi, mi
fa male la schiena e ho la tosse. Mi alzo lentamente dal letto e vado in
cucina. Riempio la pentola d’acqua, la metto sul fuoco e quando bolle ci
immergo il tè. Preparo la tavola. Pane, marmellata di ribes, burro. Prendo il
tè ormai pronto e lo servo. Mi siedo.
«Sai Amore, questa notte ti ho sognata un’altra volta» le
dico.
Lei sorride.
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