È una nube di ISOCIANATO DI
METILE che soffocò ventimila uomini, donne, bambini e ne infettò altri
centomila.
“Praticamente facciamo così, io
ti pianifico nel bel mezzo della città una fabbrica di erbicida che nessuno
vuole. A chi si oppone rispondo: me ne frego. Non capita nulla, tutto è sotto
controllo. Poi però per far quadrare i bilanci devo risparmiare. Ti combino che
metto tutto l’isocianato in un unico contenitore di 50 mila tonnellate, lo
riempio fino a farlo scoppiare, poi non lo raffreddo come dovrei e poi non controllo la temperatura di notte. Devo
risparmiare”.
Una mezzanotte, senza
raffreddamento, esplode il tetto del silos, e una nube nera vaga in balia del
vento. Fa freddo, tutti scappano ma non sanno dove. Molti muoiono soffocati per
strada. Le autorità non dicono niente, i medici non sanno cosa somministrare
agli intossicati che arrivano. Nessuno dice di che cosa sono intossicati.
“Quando uscii di casa per
sfuggire a quell’odore forte e pungente incontravo i miei vicini ma non li
riconobbi, erano pieni di bolle sulla faccia”.
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