2. Sorella
La mia cara sorellina ama i tacchi a spillo.
Dice che sono un invito, una seduzione, un turbamento; che fanno fremere
qualcosa nel profondo.
“Sono una magia e infilarle al piede è come
fare l’amore. Le infili,” è sempre lei che parla, “e la schiena si raddrizza,
il sedere si mostra, il petto sobbalza in avanti sodo e sfacciato. Le metti per
farti guardare, sai che ti guarderanno, gli uomini (mascalzoni).”
Un sociologo americano ha detto (pari pari)
che chi usa o ama i tacchi a spillo vuol far capire che lei non lavora. (Del resto sarebbe un po’ difficile). Che non è una
colf e che è lei stessa un oggetto di lusso. Dunque – inutile. Il sociologo ha
detto anche (ero ad una conferenza e ho perso il nesso) che l’uso delle mutande
si diffonde nell’Ottocento. Prima le donne erano nude sotto. Ha detto poi,
sorridente e accattivante, che Imelda Marcos, Evita Peron e Mistinguett (e pure
un’attrice italiana di cui non ricordo il nome) ne possedevano a migliaia. Ha
continuato poi, serio e non più sorridente, che nell’accessorio delle scarpe c’è qualcosa che ha a che fare con il
desiderio, che non è mai soddisfatto perché si rigenera ogni volta in vista
dell’amato, in questo caso dell’oggetto bramato.
Io una volta a casa ho riferito tutto a mia
sorella.
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