4. Io
Una sera che avevo bevuto più di una birra
al doppio malto (non c’è abitudine, né frequentazione all’alcol) me ne tornavo
a casa con passo dondolante e il mio solito fascio di fogli scritti sotto il
braccio. All’improvviso – non so come, né perché – inciampai e tutti i fogli mi
scivolarono a terra. Dovetti per forza raccoglierli se non volevo perderli. Del
resto quello era il frutto del lavoro di tutto il pomeriggio (a questo ci arrivavo senza
problemi). Fu così che mentre raccoglievo lentamente i fogli cominciai a
leggere parole sparse prese chi da un rigo chi da un altro. Ed ecco che le mie
amate parole mi apparvero di una bellezza indescrivibile, erano così intrise di
ardore e di passione che mentre le leggevi
lo trasmettevano in una forma pulita, chiara, semplice, evidente. Mi
fermai per molto tempo lì dov’ero colpito da quello che mi stava accadendo (ero
sotto la luce di un lampione e non si vedeva poi tanto bene).
Dopo a casa cercai di leggere le parole in
riga così come le avevo scritte, ma non vedevo che un ammasso di lettere alla
rinfusa il cui contenuto mi era francamente incomprensibile. Trovai la chiave
del mistero il giorno dopo (e dopo averci dormito sopra). Capii che bisognava
leggermi quando si è almeno leggermente brilli e non si fa tanto caso alla
successione lineare delle parole.
Da allora seppi, in modo definitivo,
che qualsiasi contenuto nuoce alla mia
scrittura.
[K]
:-) pure a me è meglio leggermi da brilli ... eh eh
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