racconto FAMIGLIA


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 Padre


    Mio padre ha una personalità autoritaria. Lo dicono gli psicologi. Lo ha teorizzato un certo Adorno (non fa nulla se non lo conoscete). I tratti caratteristici del tipo autoritario emergono come intolleranza alle relazioni interpersonali se non sotto forma di dominio o sottomissione, e rifiuto dell’ambiguità che il rapporto paritario presuppone.
    Lui è un capo. Appena accenna ad alzare la testa anche il più valido dei suoi collaboratori – si trova automaticamente alla porta. Mio padre esige che i suoi dipendenti si inchinino davanti a lui come lui si genuflette davanti al potere esterno. Promuove e rafforza la subordinazione per mezzo di raffinate torture mentali, come quella, tristemente nota, delle telefonate a sorpresa. Mio padre chiama a caso uno tra i suoi collaboratori e si limita a rimanere in silenzio dall’altro capo del filo. Nella vittima questa tecnica genera paura e di riflesso sottomissione. Chi si ribella – viene licenziato.
    Ha un pezzo di terra che è un po’ il suo regno. Quando chiama gli operai (si dice così da noi) a zappare – è tutto contento. Perché può liberamente esercitare la sua vera natura, il suo essere autoritario naturale. Mentre zappano, nessuno può alzare la testa dal solco. Se qualcuno vuole bere (tutti dalla stessa fiaschetta e minimo sono quattro bocche maleodoranti e sudate) deve alzare un braccio. Lui arriva con questo fiasco impagliato che ha dentro un quarto di vino rosso e tre quarti di acqua di fontana, e dice di bere massimo tre o quattro sorsi. Chi sgarra o fa il furbo facendo sorsi troppo lunghi – rischia di prendersi uno schiaffo dietro la nuca. Ma questo non è niente. Chi durante il pranzo (che è sempre o pasta e fagioli con le cipolle, oppure pasta con il ragù avanzato della domenica) dice qualche parola fuori posto o fa capire una critica anche molto velata alla sua persona – allora il pomeriggio se lo fa a casa. Infatti, alla fine del pranzo (è il suo essere magnanimo) si avvicina all’incriminato e dice:
    “Questo pomeriggio non mi servi. Passa domani per i soldi della mezza giornata di oggi.”  
    Se poi, tra gli operai qualcuno è particolarmente stronzo e vuol prendersi lo sfizio di far male agli altri, allora nel pomeriggio, quando il rancore e la stanchezza sono al top – va da mio padre e gli dice che il tale che sta lavorando accanto a lui (un giorno) ha parlato male di tutti i proprietari e ha menzionato specificamente mio padre. Mio padre allora non si scompone. Lo ringrazia con un cenno e guarda l’orologio: se sono dopo le tre – non gli conviene far interrompere il lavoro all’incriminato. Lo lascia finire la giornata e poi alla fine gli dice:
    “Tu domani non mi servi.” 


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