1.
Scrivere, scrivicchiare, scrivolare.. sulla scuola.
Già proporre un libro
sulla scuola forse è un azzardo, perché di libri sulla scuola ce ne sono
moltissimi. Però questo, a pensarci, non vuol dire niente. In fondo di un
argomento si può dir tutto e il contrario di tutto, e lo spazio per chiunque è
vasto, oltre che aperto.
Ma per fare una specie
di cronistoria, che sia anche informativa, sulla genesi e sulla proliferazione
dei libri sulla scuola, bisogna partire dalla metà degli anni 80.
Usciva allora sul
quotidiano ‘il manifesto’, nell’edizione domenicale (quindi, ogni
settimana), un articolo di Domenico Starnone che, prendendo a pretesto
ciò che accadeva nella sua classe (la classe in cui insegnava),
ironizzava sugli alunni, su se stesso, sui colleghi e sull’ambiente scolastico
in generale, insomma parlava in termini nuovi (e in modo diverso) della scuola.
In fondo, lo scopo era
mettere in risalto una specie di fallimento generazionale che riguardava gli
insegnanti di sinistra, ritratti come persone un po' frustrate. I
ritratti, comunque, erano delineati con ironia e con un sottofondo deciso di
malinconia.
Era il 1987 quando uscì
il libro che raccoglieva gli articoli di un anno di scuola; il libro si
chiamava ‘Ex cattedra’. Ebbe successo e alimentò una serie di altri libri che
ne ripetevano le movenze.
Poi, anche Starnone si
appassionò e scrisse nuovi libri che si inserivano sulla stessa scia. Alcuni di
essi, pur riferendosi alla sua esperienza di insegnante, partivano da una
visuale più sociologica, arrivando però sempre e comunque a battere sulle
difficoltà del mestiere di insegnare; non mancando di rilevare i
‘forti’cambiamenti in corso nelle nuove generazioni.
Per estensione, e quasi
meccanicamente, tali libri producevano l’effetto di sottolineare,
se non di ingrandire, le difficoltà in cui versava la scuola in generale.
Per dovere di
precisazione (ma lo si sarà capito), stiamo parlando di un filone di libri che
non trattano né di didattica, né di storia della scuola. Siamo nel
campo [minato] del giornalismo che in qualche modo tende verso il letterario.
Quello in cui si inserisce anche MINISTRI (almeno queste sono le intenzioni).
Naturalmente in questi
25 anni sono usciti molti libri sulla scuola che appartengono a questo filone,
e sono nati testi interessantissimi. Alcuni hanno ottenuto più successo
di altri; altri invece sono stati fondamentali per tutti coloro i quali vivono
la scuola dal di dentro. Penso al libro di Sandro Onofri, ‘Registro di
classe’, o a quello di Giuseppe Caliceti, ‘Un scuola da rifare’, o
anche all’ultimo, in ordine di tempo, di Girolamo De Michele, ‘La scuola è
di tutti’. Tutti libri scritti da insegnanti. Altri ne sono
usciti (sempre ad opera di insegnanti) su esperienze particolari, come ad
esempio quello di Carla Melazzini sull’esperienza del progetto Chance, fatto a
Napoli.
Poi, vicino o
comunicante con questo filone, si possono collocare i libri sulla scuola
scritti dai giornalisti.
Questo genere, che è un
genere specifico, nella totalità dei casi tratta dello sfascio della scuola ma
in un senso diverso. Chi li scrive parte dal fatto che oggi non si insegna più
bene, per cui, tutti i ragazzi che escono dalle scuole sono degli asini, e la
loro asinità conclamata è imputabile agli insegnanti che non sanno più
insegnare. La massima a cui sono votati è questa: “… i professori di una volta
erano tutta un’altra cosa, erano cioè severi”.
In pratica, per gli
autori, l’ignoranza che avanza nella società è alimentata dalla scuola; la
conseguenza è che ci troviamo davanti, sempre di più, giovani senza cervello e
senza cognizioni.
Ma, attenzione, la
lamentela che i giovani sono senza cervello e che di ‘questo passo dove
andremo a finire’, è una lamentela (un ritornello) che esisteva già al
tempo dei Greci, della Grecia classica, diciamo già duemilacinquecento
anni fa (più o meno). Anche allora qualcuno si lamentava che le nuove
generazioni perdevano nettamente il confronto con le generazioni
precedenti. Questo per dire, che a quel tempo, pur non essendoci la scuola come
la conosciamo adesso, tale critica ai giovani era già presente.
[Quindi, da questo punto
di vista, nulla di nuovo sotto il sole].
Per chiudere il
discorso, bisogna dire che i libri dei giornalisti sui giovani resi sempre più
ignoranti dalla scuola, sono quelli che hanno più successo. Questi libri
vendono più copie.
Certo, c’è anche qualche
docente che si infila nella corrente e si trova bene. C’è poi da riportare il
caso limite di un giornalista che ha voluto strafare, e ha pensato bene di dare
la colpa dell’ignoranza delle giovani generazioni a don Lorenzo Milani.
Direttamente a lui, proprio. Ha detto che è da lì, dal buonismo di don Milani,
che tutti mali della scuola hanno avuto inizio. Secondo lui, è dal gesto di
voler aiutare i più deboli, quindi praticamente dalla base dell’insegnamento,
che le cose sono precipitate.
[Al sentire un discorso
del genere, non rimarrebbe nient'altro, ad una schiera di insegnanti che ha
scelto il mestiere sulla traccia delle idee di Don Milani, che andare
mestamente a suicidarsi].
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