racconto
(il testo è pensato e scritto per una
partitura musicale di sottofondo la cui natura sia collegata in qualche modo al
jazz, infatti la struttura è nata ascoltando
un concerto di musica jazz, e senza musica a me sembra che non funzioni).
‘Sta turnanno
na munnezza
ch’a guardà ce
fa tristezza…’
Da “Zezi vivi”
0000.
Sto
cercando di dirvi che la situazione si è complicata, attenzione.
E così, mentre stavamo camminando che non mi ricordo
neanche bene dove fosse, mi sembra fosse dalle parti di Pomigliano Park, mano
nella mano, l’altra mia mano non me la sentivo più perché era tutto il giorno
che l'avevo avuta sulla sua spalla e ad un certo punto sarà stato, chessò,
forse la circolazione del sangue o non so che cosa, ma la mano cominciò a
formicolare e mi dava un sacco di fastidio, anche perché appena iniziò a
formicolare la mia mano, la mia testa iniziò a pensare che stesse per venirmi
un infarto, così era capitato ad un mio conoscente, uguale, gli era venuto un
formicolio nel braccio e il giorno dopo un infarto, a ciel sereno. E' vero che
a me il formicolio non era venuto nel braccio ma nella mano, ma siamo là,
diciamocelo francamente. Ora proprio un infarto ci voleva, mi ricordo che in
quel periodo non ne potevo proprio più!
Là su nel cielo la
situazione si poteva controllare che era una meraviglia, non c'era bisogno di
nient'altro che girare un poco, fissare lo sguardo su un punto qualsiasi e dopo
era fatta, si vedeva la città che avevi fissato e se eri pronto a scendere
potevi scendere senza nessun problema, bastava darti un poco di spinta
all'ingiù, e oplà. Le prime volte si capisce, non ero molto pratico, e mi diedi
una spinta all'ingiù per puro caso e mi trovai nel bel mezzo di una pista di
aeroporto. E che sarà stato mai, arrivavano da tutte le parti, in un secondo,
sirene spiegate con autoambulanze, camioncini, barelle, volanti, macchine in
genere, e persone strane in divisa con cappelli neri e fischietti in bocca che
agitavano troppo le mani, e si agitavano tanto che non capii più niente, ebbi
paura e cercai di scappare. Nello stesso momento che cercavo di correre su
quella pista la terra finì sotto i miei piedi e spiccai il volo. Avevo oramai
capito come dovevo fare per alzarmi da terra, uno scherzo in fin dei conti, ed
ero felice e contento anche nel vedere da sopra tutta quella gente e quelle
macchine che sfrecciavano a vuoto e si agitavano ancora non capendo bene cosa
fosse successo, perché un momento prima ero là e poi, puf, non c'ero più, e non
capivano dove fossi finito, e vidi di striscio uno che si affacciava sotto la
pancia di un aereo che stava fermo lì vicino per scovarmi, ma poi vidi un altro
che faceva segno agli altri di guardare in sù, e allora mi videro, e si
fermarono tutti a guardare affascinati me che salivo sempre più in alto, e ora
non si agitavano più ma erano fermi incantati a guardare. Non vorrei sbagliarmi
ma vidi o mi immaginai nelle loro facce un che di invidia, non altro.
Per conto mio, arrivato
ad una certa quota di sicurezza la smisi di agitare piedi e mani e mi
stabilizzai. Volavo che era un incanto...
Ma tu li vedi tutti
questi abbronzati che stanno al sole come delle lucertole che non le scacci
neanche se le prendi a calci, lì fermi a non fare nulla per tutto il giorno e
così alla sera te li vedi che stanno pieni di sole da non capire più niente, te
li vedi che parlano di tutto senza capire un'acca e vogliono per forza dire la
loro, e buttano fuori in questo modo delle vongole favolose che se non fosse
perché mi fanno schifo, veramente, me le cucinerei quelle vongole là.
Mi viene il dubbio però
che le vongole che cacciano quei tipi siano vongole marce come le loro
coscienze.
E ci sono quelli che non
sanno come sono riusciti ad arrivare dove stanno, tanto che se li prendi alla
sprovvista, è vero che è difficile, ma se riesci a prenderli alla sprovvista,
quelli cadono come pere mature e ti fanno capire, se lo capisci, che loro non
sanno come sono arrivati fin lassù, che gli altri chissà cosa credono e invece
sono il resto di niente.
(...così con tutte
queste strade si deve per forza costruire, tante belle case da vendere che
poi...)
Poi ci sono gli uomini
del progresso delle loro tasche, che questi sono di un ridicolo che non ti
dico, che stanno con la patria ma le vacanze le fanno in dei luoghi solitari,
solo con pochi amici scelti, con grandi abbuffate e tutto il resto. Ma non è un
peccato così, no di certo. E' che questi hanno in odio ma in odio la gente,
quella comune, che si scocciano di ascoltarla e se l'ascoltano non è vero
niente, lo fanno per moda, per far vedere che non sono così, e lo capisci
subito appena appena tocchi un poco le loro corde più profonde. Ti accorgi che
siccome hanno scelto di farsi la villa in un bel luogo solitario e selvaggio
dove vivono poche persone, per lo più contadini o pescatori che sfruttano, non
vogliono che gli altri ci vengano, e siccome non vogliono, fanno di tutto per
far restare selvaggio quel luogo, così senz'acqua, senza luce, senza strade,
senza niente, ma a loro che importa, tanto la luce ce l'hanno con un
generatore, l'acqua gliela portano i contadini o i pescatori, e poi loro ci
vanno solo per qualche giorno in tutto l'anno e per il resto che cosa gliene
frega a loro che quelli del luogo non sanno più come fare a vivere sempre per
tutta la vita in condizione bestiali.
Ma se per caso glielo
dici loro cascano dalle nuvole e ti guardano come se tu fossi pazzo. Forse lo
sei.
In questa lacrimosa
valle, amico mio ti convien non avvicinarti. Tutti si lamentano ma non sanno
perché. Questa è la libertà, bisogna accettarla.
La valle. Di fronte
all'unica strada che la interseca c'è un tabaccaio. In volgare lo chiamano
"tabacchino" perché è piccolino. Il figlio della signora proprietaria
del tabacchino è scemo. Ora succedeva che quando c'erano le piogge torrenziali
e questo succedeva di regola all'inizio dell'autunno, qualche rara volta alla
fine dell'estate, una lava di acqua sporca con sopra barattoli, rami secchi,
immondizie varie miste a terra, scendeva, perché la strada era in discesa e che
discesa, e la valle era la valle e quindi doveva essere disposta ad accogliere
la mistura. Tutti i detriti si rivolgono a valle.
E si lamentano quelli
che non riescono a rubare come hanno sempre rubato perché ci sono altri che
vogliono rubare insieme a loro, non vogliono la concorrenza ecco, e quelli che
si vendono al mercato ogni mattina solo per il gusto di ricomprarsi la mattina
dopo e avere un poco pietà di se stessi, e quelli che vendono uomini che non
sono più uomini ma semplici matricole, perché oltre al guadagno loro sono
abituati a fare così, non sanno fare altro, non è colpa loro, gli vuoi dar
torto?
Perché non prorompi da
dentro come io spero e mi vieni fuori tanto che io non possa più fermarti?
In questa grotta
immensa, sarà un sette ottomila metri quadri tutti in piano, ci sono cose che è
una meraviglia descrivere. Ma io non lo farò.
E poi questo accidenti
di progresso, non sai dove metterlo questo progresso qui, ti distrugge dentro,
nell'anima anche, se ce l’hai nascosta la tua brava anima, e ti rode tutto il
circondario e al posto di una vita tutta delicata e profumata alla fine ti
ritrovi una bella circonvallazione che si svincola da un braccio
dell'autostrada ( tanto inutile che nessuno ci esce) e si immette su una
superstrada che porta alla stessa parte di altre decine di strade tutte
ugualmente belle e sinuose, e si incontra con altri svincoli tutti su piloni
altissimi e robusti che scendono e poi salgono e poi si immettono pure loro ,
ma non sanno più dove cazzo immettersi tanto che alla fine qualcuno è stato
lasciato lì, perduto, scalcinato, con le pietre e tutto senza finire per
mancanza di collegamento, perché alla fine qualcuno si è accorto che sono tutti
stati collegati gli svincoli e non è proprio possibile collegare allo stesso
posto due o tre svincoli solo per il gusto di collegare tutto inutilmente.
E sempre si vendono le
case chissà perché, anche se sono brutte sia per il posto sia perché sono
costruite senza criterio, ma c'è sempre sempre il compratore che deve speculare
e le compra e poi le rivende o ci manda ad abitare un gruppo di persone
senzatetto con i soldi del comune tanto chi se ne frega al comune se le case
sono fatte male, e sono senza nessun collegamento con la città, e dai non ti
preoccupare che sarà mai, che ci faremo un bel supermercatino lindo e pinto,
con tanta bella roba che non serve da comprare, tutta in fila luccicante, che
tutti comprano perché si fa così e non in un altro modo ora, oggi, nella vita
attuale, e tu neanche puoi sfuggire se anche lo vuoi con tutte le tue forze, e
piangi e ti dibatti un poco non sapendo cosa fare, ma come io, proprio io,
compro delle cose che non mi servono , ma le compro lo stesso per il gusto di
comprarle, ma allora io sono come tutti gli altri, senza nessuna differenza, e
ti si rompe il capo a pensare una cosa del genere, non te l'aspettavi da te una
cosa di questo genere qui.
E questi uomini in fila
di mattina che per andare a lavorare devono farsi una scarpinata a piedi di tre
chilometri perché non ci sono collegamenti, perché in verità i collegamenti ci
sono ma solo per chi ha la macchina, ma uno che non ce l'ha la macchina deve
andare a piedi fino alla fermata dell'autobus che sta appunto a tre chilometri,
ma lui nel tragitto è contento lo stesso perché ha assicurato una casa che
crede decente ai suoi bambini, anche se ogni tanto il dubbio gli viene e si
domanda a bruciapelo, ma non è che mi stanno prendendo per i fondelli tutti
quanti, a farmi fare questi chilometri solo perché non mi hanno mai pensato nei
secoli nei secoli....amen.
ANSIA
Con la forma come se si
trattasse di una palla. Una palla con tante, troppe escrescenze, ma lo stesso
solida e compatta. Che sono degli aculei? dei picchi scontrosi, dei promontori
scoscesi...
… e mio fratello, quello
che sempre tutto impaurito del potere che chiama professore un semplice dottore
e quello lì invece di dire caro signore io sono un semplice infermiere va tutto
fiero di essere chiamato così e si pavoneggia e lo tratta bene con tanta
affettazione che alla fine lo tratta male come si merita uno come mio padre che
non riesce a capire niente della vita e chissà mi chiedo come avrà fatto ad
attraversarla in lungo e in largo, si fa per dire, senza imparare un'acca; mio
padre che diceva anche “ti sputo in occhio”, ogni tanto…
…questo grumo largo come
il mondo e profondo allo stesso modo, una palla incandescente pesante e
immobile che sta dentro di me, e non si muove neanche se l'uccidi, e sta lì
ferma in mezzo ai succhi gastrici credo, che sfrigola tutta e hai voglia di
dire e di fare, niente, una palla di sofferenze nere, dura e compatta,
ricoperta di gomma e malgrado i miei tentativi peraltro modesti e mediocri di
assalto, quella non si muove neanche un poco, e sembra che dica fammi vedere
bello come vieni sotto, che ti mando indietro come dico io, e io già intimorito
il mio tentativo lo faccio già senza convinzione (e di questo so che ride di
me, lo so), per cui alla fine non la tocco neanche, non gli faccio neanche il
solletico al mio grumo che è mio ma è come se fosse di tutti idealmente, e non
è presunzione questa ma un atto d'amore, il grumo del mondo, impastato di carne
viva umana putrefatta, di paure lontane, di soprusi subiti nei secoli, di
ingiustizie patite con l'impotenza del non coraggio, e tutto il resto che non
voglio neanche provare a scrivere perché oltre al fatto che non lo so fare, non
ne vale la pena perché chi ha capito il discorso l’ha già da molto afferrato al
volo e chi no, no e basta, è inutile insistere, non c'è niente da fare più,
ormai.
E non si rompe. E vai,
con questi assalti che non sono più mediocri come prima, ma lo stesso non
succede niente di buono, tutto come prima, anzi più di prima, tutto immobile e
senza vita senza calore che non sono un uomo io e allora che sono una donna? sì
una femminuccia che non ha il coraggio delle sue azioni e non mi riesce di
diventare altro da quello che sono, ma poi perché dovrei prendermela con le
donne che loro non hanno fatto niente di male fino a prova contraria, e non è
vero che non hanno fegato, le ho viste io le donne con il fegato e con tutti
gli altri attributi che non sono quelli che generalmente si credono ma sono
attributi femminili, cioè il seno, i fianchi, cosce, pancia, glutei, ecc…
Ma io sono così che a
capirmi ci vuole l'enciclopedia Treccani con tutti gli aggiornamenti, e a volte
dico basta ma perché? se non sono capace io di capirmi dovrebbero provarci gli
altri a farlo, e qui subentra questa volta la presunzione. Gli altri non ci provano
neanche a capirmi, perché dovrebbero?
Non c'è proprio niente
da fare qui, la cosa non cammina, il grumo non si scioglie. Anzi a me sembra
che invece di farsi più piccolo, il grumo si fa più grande, è come se si fosse
arrabbiato e allora per farmi vedere che non sono capace lui si fa più forte,
si ingrandisce a mie spese, mi tratta da quello che sono da stupido ( stupidino
).
Il malumore che ogni
tanto ci prende. Il malumore che sempre ci prende. Il malumore che sta sempre
con noi e che ci porta lontano in vasti campi dove può allargarsi perché c'è
molto spazio, e non deve dar conto a nessuno di quello che fa e pensa, e allora
non lo fermi più anche a volerlo, e così dai sfogo a tutti quei malumori
passati inosservati ma mai dimenticati, son fatto così, che ti allarghi
moltissimo, non ti allargare, ma ormai è fatta il malumore del mondo, di me,
dilaga come un fiume in piena, (non è bella come espressione ma al momento sono
a corto di parole, sempre a corto quando mi servono veramente e che miseria, ma
non tergiversiamo), dicevo....
Ma non è solo il
malumore magari fosse solo quello sarei a posto, qui si tratta di altro, qui si
tratta, amici cari, di paura - della paura di tutto e di tutti - in poche
parole della paura del mondo che si è incarnata in me e non mi lascia vivere,
ma perché dovrei io avere paura non so, io non ho mai fatto niente di male, in
apparenza, o almeno io credo e spero che sia veramente così come io dico, ma la
paura c'è e resta, e come non potrebbe?
La risposta non la
conosco e darei se li avessi tutti soldi del mondo per conoscere come si sono
infiltrate in me, nella mia carne viva, i germi della paura. Ho paura.
Ma il malumore viene dal
grumo. Ho fatto finalmente la scoperta. Mi sto convincendo che se sciolgo il
grumo se ne va via anche la paura. Non so bene cosa mi spinge a pensare questo,
ma lo penso.
Lui era un contadino.
Non ho grossi referenti in pratica, non posso vantare progenie illustri. Però
diciamoci la verità, lui non era neanche un contadino, era un impiegato con la
cultura del contadino, un bel miscuglio non c'è che dire.
Me lo vedo ancora al
tempo della raccolta delle albicocche che si prendeva le ferie dal lavoro, e
tutto entusiasta si immergeva in quella sua vera natura (ma era la sua?) fatta
di sveglie impossibili, partire alle quattro di mattina ancora buio per andare
ad aspettare lì, sul posto la luce, i primi bagliori dell'alba... e come un
forsennato andare avanti e indietro con la scala in mano che poi non era
affatto maneggevole, anzi...
Ma il malloppo è sempre
lì, fermo e compatto come non mai.
Ci sono gambe di
cavallo, sai, uno di quei cavallini bianchi e puliti, piccoli che puoi prendere
in mano, si comprano nelle fiere, sono di peluche, con le gambette di dietro
ferme a terra che disegnano un archetto gentile, (non mi va di descrivere), e
la coda fatta di riccioli di capelli finti che sembrano veri, e le gambe
davanti un poco alzate e la faccia del cavallino con la bocca un poco aperta
imbambolata, (basta con questa descrizione), e sopra questo cavallo che
vorrebbe essere imbizzarrito ma non lo è, ci sta un San Giorgio lancia in
resta, ha la faccia da bambino rosa e delicata, gli occhi fissi sulla preda che
sta per infilzare e la uccide, la infilza il nostro sangiorgio liberatore la
palla velenosa, il malloppo, il miscuglio, il grumo puzzolente, il tumore, la
scabbia, la scarlattina, la peste. In questo modo signori, la palla si sgonfia
e ne esce fuori l'oro, la liberazione che inonda tutto ciò che trova, che
inzacchera i piedi degli incauti, le mani dei perversi, le belle gambe delle
signore, le pance dei potenti, i seni delle giovani donne, i sederi degli
impiegati, ecc., e così abbiamo senza saperlo la fine della tribolazione, la
vittoria, il trionfo, il divertimento, la capacità, l'inverno accogliente e il
vento fiondante. Ma questo è un sogno.
E allora di colpo una
manina tira il portone di ferro, lo fa scorrere sulle scie, fa anche rumore,
quel rumore sordo che si chiude con un tonfo, il lucchetto è scattato. Ormai ho
chiuso con tutto e con tutti, anche con te, mia cara...
E sto qui a lottare con
me stesso contro chi mi vuole male, ma tutti mi vogliono male, tutti si sono
coalizzati contro di me, ma che vogliono, cosa mi chiedono, perché non mi
prendono in considerazione? perché non mi ascoltano quando parlo? ma io quando
parlo non so neanche quello che dico, ma sono loro che non mi capiscono, che
non sono in grado di capire quello che sto dicendo in quel momento, quello che
mi sta passando per la mente, che lo so, è giusto, sarà anche un poco strano, è
frammentario certo, non si attacca bene a quello che si stava dicendo prima, ma
è un pensiero, il mio pensiero, il pensiero che ho pensato, va bé, se lo
analizzi, lo prendi, lo giri, lo volti, qualcosa guarda ne esce, ne viene fuori
quella sua perfezione formale, quella rigidità, quella ruvidezza che mette a
disagio, fa paura, faccio paura, mi faccio paura.
Le arrabbiature di mio
padre me le porto dietro, dentro, nella memoria, nel disco rigido del mio
cervello.
Il grumo non si scioglie
e non si scioglie. Perché dovrebbe sciogliersi, di grazia?
C'è gente. E' chiaro che
c'è gente. C'è troppa gente. C'è troppa gente inutile, e non lo sa. O fa finta
di non saperlo, ma lo sa, lo so che lo sa. Perché in fondo ad ognuno di noi,
non sempre ma quasi, c'è una spia, un minuscolo ingranaggio, una minutaglia
piccolina e insignificante, che si accende ogni tanto e ti chiama e ti dice: ma
lo sai che sei? Tu puoi anche far finta di niente. Puoi fingere che la lucetta
non ce l'aveva con te. Ma in fondo lo sai. Sei proprio tu quello a cui si
rivolgeva. E siccome lo sai che cosa sei (e come se lo sai) da quel momento
incominci a commettere terribili nefandezze. E nessuno ti ferma più.
Ti succede che non sai
che fare. O meglio, lo sai ma non ne sei sicuro.
Come è possibile?
C'è un incredibile
voglia di giocare. Ecco, sono qui che sto cercando di giocare con me stesso, e
invece che ti vedo, o meglio, che ti sento? Dentro di me c'è qualcuno che non
vuole giocare, è serio. Mi arrabbio su questo, ma è così. E' inutile dirgli,
guarda che non conviene molto stare sempre in ansia, sempre con questa faccia
da musone. Niente, non ti ascolta. Tu gli tiri qualche scherzo tremendo,
pensando di strafare, dedichi qualche minuto a pensare che sarebbe bello essere
sorridente, pensare in fondo che a te non te ne frega niente e nessuno, ma lo
pensi sapendo di non pensarlo affatto, cioè vuoi scherzare un poco. E invece
lui, quello dentro di te, l'altra parte di te, non sorride nemmeno, non ti
degna di uno sguardo che sia uno. Ti fa subito balenare il pensiero che sei
scemo a pensarla così, e che ci sono un sacco di persone che non hanno nessuna
voglia di ridere perché stanno piangendo. E tu allora ti intristisci, ritorni
serio, fai la faccia da musone, e senti in fondo che lui è contento così.
C'è in giro una specie
di vortice che però si
accompagna
ad una lentezza senza
fine. E tutto tace,
mi sembra.
Così,
se cerco di andare
veloce
sento proteste perché non ce la fanno a starmi
dietro;
se vedo gli altri andare
avanti, mi stanco
e vorrei fermarmi
invocando la lentezza.
In questa enorme
confusione che qualcuno chiama " pace ",
tu mi chiedi
"perché taci?"
" E che ti devo
dire?".
In un certo posto, non
si sa bene come, avvenne un fatto straordinario a dirsi. Ed era tanto
straordinario che io, ordinario, non so proprio come dirvelo. Au revoir.
* Champagne. Cos’è
questo champagne?
A mio padre.
SOLO DOPO LA TUA MORTE
HO CAPITO QUANTO CI AMAVAMO IN SILENZIO. NON CE LO SIAMO MAI DETTI. E ORA E'
SOLAMENTE UN BUCO ALLO STOMACO. NIENT'ALTRO.
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