Ora che so come consumare il
tempo rimanente
non so se riuscirò a farmene
una ragione.
Di certo forzerò un cassetto
chiuso,
esplorerò una foresta nuova,
aprirò una macelleria (che
chiamerò gioielleria),
darò libero sfogo a metà dei
miei soliti desideri repressi,
a quarti di fantasie malate,
a pezzi di ossessioni
insolenti,
a gruppetti di malattie
inutili,
a qualche incubo ben educato (perché onnipresente)
poi macinerò chilometri e
caffè per incontrarti
al nostro posto, solito e
inaccessibile,
con l’occhiolino del faro
che sorride da lontano,
e quando i nostri volti
contamineranno il nulla,
oltre i riflessi del buio,
finalmente capirò qualcosa.
E ti sentirò dire (sottovoce)
«Era ora!»
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